La sicurezza degli OGM



Prefazione - OGM in agricoltura: bilancio rischi-benefici
di Raffaella Zanchi (1)
Negli anni Ottanta le problematiche legate all’introduzione degli organismi geneticamente modificati non erano ancora trattate nei corsi di studio della Facoltà di Agraria dell’Università statale di Milano. Era però già chiaro come il problema alimentare non fosse legato alla “quantità di derrate prodotte”. Piuttosto si parlava di problemi di “sovrapproduzione” e addirittura di “distruzione programmata della produzione in eccesso”. Era ribadito nei vari corsi di studio come “l’agricoltore moderno” dovesse puntare sulla “qualità del suo prodotto” e sul rispetto per l’ambiente, piuttosto che sulla “quantità” della produzione, ormai eccessiva e causa anche della caduta inesorabile dei prezzi per il produttore stesso. Si ribadiva inoltre la necessità di consumare antiparassitari e diserbanti in maniera oculata, non massicciamente, facendo uso di pratiche colturali idonee e della lotta guidata (che parte dall’osservazione delle condizioni climatiche e sanitarie delle colture in un dato anno e prevede l’uso di prodotti chimici solo quando gli organismi dannosi raggiungono una densità tale da provocare un danno economico superiore al costo del trattamento) e integrata (con l’utilizzo di competitori biologici). La riduzione dell’utilizzo dei “pesticidi” (che l’industria chimica sprona invece a utilizzare in quantità eccessiva) è un problema insieme economico (diminuzione dei costi) e sanitario-ecologico (limitare al minimo indispensabile l’accumulo di residui, per le loro azioni dannose sull’ambiente e sulla catena alimentare). Infine si puntava l’attenzione sulla tendenza al depauperamento dei terreni agricoli che, trasformati in monocolture a concimazione chimica minerale, tendono a impoverirsi di sostanza organica, fattore determinante per la fertilità del terreno. Insomma 25 anni fa le questioni aperte dall’agricoltura industriale erano già numerose. Con l’introduzione delle piante GM si è aggiunto un nuovo rilevante problema, senza in realtà risolvere quelli esistenti in precedenza, né per l’agricoltore, né tanto meno per i Paesi del Terzo Mondo e per l’umanità nel suo complesso. Si produce una quantità di cibo assolutamente superiore a quella necessaria per sfamare il mondo. Se intere popolazioni continuano a soffrire la fame, le cause sono di altro genere (politiche, economiche, culturali, organizzative ecc.): i problemi da risolvere sono molti, ma non legati alla scarsità della produzione o alla mancanza in natura di specie vegetali che si adattino alle più disparate condizioni ambientali. Fondamentale è quindi quanto asserisce il “Collegio Consultivo Norvegese sulla Biotecnologia” riportato nell’ultimo capitolo di questo libro: «... nella valutazione dell’utilità e della giustizia sociale (dell’introduzione di un OGM), è importante verificare se c’è effettivamente bisogno di quel prodotto; se il prodotto permette di risolvere qualche problema sociale; se è possibile affermare che il nuovo prodotto sia migliore di qualsiasi altro prodotto già presente sul mercato; se esiste un’altra possibilità per risolvere un determinato problema sociale»: insomma, è essenziale un’analisi rischi-benefici, non dell’industria produttrice di OGM, ma dell’intera popolazione mondiale.
In qualità di ricercatrice, conosco quanto sia importante la ricerca di base, ma negli ultimi anni, perfino in ambito universitario, essa non è ben accolta: se i ricercatori sono spinti unicamente dall’interesse per la conoscenza, non sono finanziati. Per ottenere fondi occorre che il progetto abbia un risvolto estremamente pratico nel breve termine, perché fondamentale è diventata la ricaduta della conoscenza nel progresso economico immediato. D’altronde tutto va più veloce ai nostri giorni e così anche la ricerca scientifica deve dare i suoi frutti immediatamente, non certo dopo un secolo, come è sempre successo e come insegna la storia del pensiero scientifico. In questa corsa col tempo si colloca bene ciò che è successo con gli OGM: non si è voluto affrontare con la dovuta calma e con studi approfonditi l’impatto che tali alimenti possono avere sulla salute e sull’ambiente, perché l’importante era avere subito un ritorno economico, altrimenti le ricerche non sarebbero state nemmeno finanziabili. Ora però gli studi riguardanti “l’espressione genica nelle cellule” mettono in difficoltà l’industria degli OGM.
All’interno di questa logica, il ricercatore si vede costretto ad accontentare l’interesse economico di chi lo sovvenziona, pur di avere la disponibilità di soldi per la ricerca (sempre più costosa). A questo “vortice” occorre però porre degli argini precisi. Il ricercatore, anche se lavora per l’industria, deve mantenere la libertà di pubblicare i dati di maggiore interesse per la comunità scientifica, anche se non evidenziano quello che l’industria vorrebbe. E i politici devono valersi del parere di esperti, senza connivenze con il mondo economico.
Quindi ben venga questo libro che cerca di divulgare in maniera semplice, ma non banale o eccessivamente semplificata dal punto di vista scientifico fino alla distorsione (come spesso accade), le problematiche legate all’introduzione di OGM, oggigiorno estremamente attuali e importanti. È un libro utile per tutti, anche per coloro che non sono del mestiere; utile soprattutto per chi vuole essere consapevole di scelte che stanno avvenendo sulla sua testa: la sensibilità verso quello che si mangia (nel rispetto della salute, intesa come prevenzione della malattia) è in questo momento uno dei fattori trainanti che guidano le scelte dei consumatori, che a loro volta si ripercuotono sulle scelte dell’industria alimentare. È un libro utile per gli agricoltori, che si trovano a dover fare delle scelte nelle loro aziende. È un libro utile per tutti quelli che per qualsiasi motivo devono avvicinarsi a questo argomento, anche per gli studenti; come primo approccio, può essere senz’altro di stimolo per ulteriori approfondimenti. È un libro utile anche per scuotere quei ricercatori che ancora non si fossero allarmati, perché approntino piani di lavoro e metodi di indagine estremamente rigorosi e non si lascino fuorviare dagli interessi economici. Il ricercatore è un po’ come un artista, deve poter lavorare in libertà e autonomia al fine di “dare un contributo per aumentare le conoscenze” su un certo argomento. Di fronte ai problemi economici, politici, ecologici e medici, il ricercatore deve essere l’esperto di fiducia che, al di sopra delle parti, per quanto è possibile, compie il suo lavoro con estremo rigore.
Ora la strada è quella di seguire il “principio di precauzione” e di approfondire le conoscenze sulla sicurezza alimentare e sull’impatto ambientale degli OGM, già prodotti o che si produrranno, utilizzando protocolli di ricerca precisi e rigorosi, messi a punto da ricercatori senza l’influenza di pressioni economiche. Il ricercatore oggi è forse condannato alla povertà economica (come la maggior parte degli artisti), o a venir messo metaforicamente al rogo (pochi secoli fa questa metafora poteva diventare realtà), ma ogni professione ha le sue difficoltà, le sue fatiche, le sue soddisfazioni e le sue responsabilità verso la società.
L’autore di questo libro ha dato in prima persona l’esempio, che penso sarà seguito dalla maggior parte dei suoi colleghi, ai quali in questi anni tocca il compito, ormai irrinunciabile, di chiarire tutte le implicazioni che dovremo affrontare dal momento in cui si è scelto, sotto le pressioni dell’industria delle sementi, di utilizzare gli OGM per l’alimentazione, sia umana sia animale.
Gruppi di ricercatori stanno proprio in questi ultimi anni studiando il funzionamento dei modulatori della trascrizione (geni che permettono a un certo gene già presente nella cellula di esprimersi in un determinato momento in maggiore o minor misura) che, all’interno della cellula vegetale, regolano le risposte fisiologiche agli stress quali siccità, salinità, temperature estreme ecc. Queste ricerche sono volte a migliorare la resistenza delle piante a condizioni avverse tramite la regolazione dell’espressione di geni che esse già posseggono, senza inserire geni estranei, aprendo così la strada ai cosiddetti OGM di seconda generazione. Tuttavia, anche in questo caso si dovrà tenere presente che si va a interferire con i delicati processi di regolazione genica all’interno della cellula, quindi le piante derivanti da manipolazioni geniche di questo tipo dovranno comunque essere testate attentamente per la loro salubrità, secondo protocolli stabiliti.
A tutti, in conclusione, non solo agli “addetti ai lavori”, resta invece il compito di influenzare con movimenti di opinione, prese di posizione e stili di vita, le scelte economiche e politiche del proprio Paese.

NOTE
1) Ricercatrice dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche, sezione di Microbiologia Agraria Alimentare Ecologica.

Prefazione di Raffaella Zanchi al volume La sicurezza degli OGM, © Edilibri 2008


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