ALFABETO IN FILASTROCCHE

 

Postfazione. Il suono, la figura e la scrittura
di Gabriele Burrini

In queste pagine rivolte a genitori e insegnanti e, di rimando, ai miei piccoli ascoltatori, vorrei richiamare l’attenzione su un aspetto importante dello studio dell’alfabeto: un aspetto su cui non ci si sofferma abbastanza nel corso dell’insegnamento per la fretta di raggiungere il traguardo, cioè l’apprendimento della scrittura.
Ognuno di noi sa bene che, prima della grafia dei segni alfabetici, c’è la loro pronuncia, c’è il suono. Per dirlo con le categorie della linguistica, prima del grafema c’è il fonema. Quando il bimbo fa i suoi esercizi di lallazione (ma.ma, pa.pa, ta.ta...) pronuncia dei fonemi e così scopre le possibilità sonore dei suoi organi di fonazione: sperimenta i primi virtuosismi della parola, pur ignorandone del tutto la grafia.
Lo stesso discorso vale per le origini del mito. Tutti i poemi e le leggende della più lontana antichità – dai Veda indiani ai poemi omerici, dalle innumerevoli leggende dei popoli primitivi alle fiabe di magia – prima di essere trascritti nelle rispettive scritture, hanno attraversato una lunga fase di tradizione orale, in cui venivano tramandati a memoria dai vati, dagli aedi, dai bardi, insomma dai cantastorie di ogni tipo. Allora solo la parola esisteva e si trasmetteva prima e al di fuori di ogni testimonianza scritta.
Le filastrocche raccolte in questo libro vogliono stimolare gli educatori a soffermarsi sul suono, a sottolineare la diversità dei suoni, come fossero una scala di note, come fossero le differenti tonalità di un arcobaleno, prima di correre all’esito ultimo di questo iniziale percorso, che è – come dicevamo – l’insegnamento della grafia, del segno.
In passato – è un tema ben noto – la scrittura era patrimonio delle classi colte, in particolare della casta sacerdotale. Ora dalla più antica letteratura di origine sacerdotale, tanto appartenente alla tradizione hindu quanto a quella semitica, apprendiamo che è il suono il primo gradino della creazione del mondo. Così nella narrazione biblica della creazione tutto trae origine dalle prime parole pronunciate da Dio: «Sia la luce». Non diversamente, nelle religioni indiane, tutta la forza della parola creatrice si concentra nel mantra Aum, le cui lettere riproducono la massima espansione e la massima contrazione dell’energia del Verbo creatore.
Basterà ciò per intuire come gli antichi ravvisassero in certe parole un potere di sacralità e di destino, una forza speciale esercitata sulla realtà. Nacquero così le formule rituali o magiche come amen, halleluyah eccetera.
Il proposito del nostro libretto è guidare il bambino ad acquisire familiarità con i suoni, ad abituarsi a cogliere le caratteristiche proprie di ogni singolo suono, talora attraverso forme di ripetizione, di reiterazione del suono stesso nelle sue comuni varianti. Ecco perché nell’incipit della filastrocca sul suono N si è giocato sull’anafora e sulla reiterazione di questa consonante:

«Nella natura che conosco
non c’è nano senza bosco,
non c’è legno senza linfa,
né sorgente senza ninfa,
specchio d’acqua cristallina
che non abbia la sua ondina.
Lo gnomo, nano del bosco antico...»

Nel passare in rassegna i suoni ho distinto le consonanti dalle vocali, per il fatto che la vocale può essere pronunciata con una sola emissione di voce, mentre la consonante, per essere pronunciata, ha bisogno di un luogo di articolazione, ovvero dell’incontro con un ostacolo fonatorio; grazie a ciò le consonanti acquisiscono la loro “personalità” nel campo dei suoni.
Consideriamo allora la natura propria dei due tipi di lettere: le vocali vengono di frequente evocate per comunicare ben precisi sentimenti umani, per cui la /a/ è spesso richiamata per trasmettere ammirazione e venerazione, la /e/ per porsi in contrapposizione, la /i/ per affermare se stessi, la /o/ per manifestare l’amore, la /u/ per obiettivare il timore.
Osserviamo invece le valenze di taluni gruppi di consonanti, così come le espone Rudolf Steiner, fondatore della pedagogia antroposofica, in Vita spirituale del presente ed educazione (Milano 2008, pp. 92 e sgg.). Tale pedagogia, fondandosi sulla concezione tripartita delle facoltà umane, distinte in pensare, sentire, volere, ritiene che l’elemento del pensare tragga alimento dalla pronuncia delle dentali (/t/ e /d/), che l’elemento del sentire sia potenziato dalla pronuncia delle labiali (/b/, /p/, /m/), che l’elemento del volere riceva forza dalla pronuncia delle palatali (/c/, /g/ di gesso, /gn/) e delle gutturali (/g/ di gatto, /ch/ di chiesa).
Questo ci fa comprendere, per esempio, perché, a proposito della filastrocca sul suono B, vengano direttamente coinvolte tre labiali: /b/ di bambino, /p/ di protegge, /m/ di mamma. Nella scena descritta è peraltro ben evidente la prevalenza del sentire.
Ciò ci spinge a dire che le immagini poetiche proposte nelle filastrocche per illustrare le caratteristiche dei suoni dell’alfabeto, la loro forza, la loro malleabilità, sono il più delle volte speculari a queste loro valenze: così le lettere /f/ e /v/, proprio per la loro natura fricativa di “soffio”, per il loro essere volatili, hanno richiesto le immagini del fiore e del vasetto di fiori, che trasmettono levità, leggera malinconia, impercettibile sorriso.
Lo stesso si potrà dire della consonante zeta, dove l’immagine del lampo vuol riprodurre la fulmineità del suono /z/, il suo frammentarsi, il suo rapido estinguersi.
Siamo ben consapevoli che l’alfabeto è l’ultimo approdo dell’evoluzione della scrittura, a sua volta preceduto da precise fasi quali i vari tipi di ideografia o pittografia, ben rappresentati dalla scrittura cinese e dai geroglifici egizi, in cui il suono era riprodotto attraverso il disegno di una figura tratta dalla realtà vivente.
Pertanto nel consegnare al lettore questo libriccino in versi, la cui brevità è inversamente proporzionale all’impegno occorso per redigerlo, abbiamo voluto richiamare l’importanza della pittografia, offrendo per ogni lettera un’illustrazione del soggetto della filastrocca, grazie alla versatile mano di Maurizio Marco Rossi. Sarà cura del maestro di classe avvalersi nel giusto modo di ciascuno di questi disegni per far emergere dalle sue forme la stilizzazione della vocale o della consonante corrispondente.

Dal volume Alfabeto in filastrocche, © Edilibri 2014


Home