LA LUCE

 

PREFAZIONE
di Pio Filippani-Ronconi

Quest’opera, apparentemente aforismatica, affronta il problema cruciale dell’uomo moderno che, essenzialmente, è un problema conoscitivo: quello dell’esperienza del mondo e, contemporaneamente, dell’autocoscienza dell’Io. Problema che M.S. affronta nei termini di una metafisica della Luce la quale, se da una parte, si fa sostanza del mondo dispiegandosi nel suo apparire, dall’altra, si attua come essenza cosciente del pensiero, quindi della percezione, che lo afferra come oggetto. Si tratta dei medesimi due termini che, tanto per fare un riferimento tradizionale, il Tantrismo del Kashmîr individua in prakâsha, «luce-apparizione», e vimarsha, «pensiero-consapevolezza», che costituiscono i due poli fra i quali si tesse la dialettica dello Spirito- verbo nelle fasi di discesa entro l’opacità della sostanza, allorché si rapprende come materia intrisa di Tenebra, e di risalita al mondo degli archetipi, attraverso il pensiero dell’uomo, che essenzialmente è coscienza autoluminosa, perché consapevole di sé medesimo e perché contiene il significato di tutta la Realtà. Mediante questo processo si attua la ricreazione del mondo, di cui l’uomo è attore e causa finale allo stesso tempo, poiché è per lui che sussiste la dimensione intellegibile di tutte le cose, la quale è pura Luce. Ne consegue che la reintegrazione dell’uomo alla propria essenza immortale o, detta all’indiana, la «liberazione» (moksha o mukti), costituisce il fine ultimo dell’Universo di cui l’Uomo è sintesi e centro: l’Universo sussiste in quanto l’Uomo-verbo se lo rappresenta, secondo i diversi gradi della conoscenza, realizzando la propria identità con esso, mediante un atto di intima volontà che è intuizione del proprio essere.
Non si tratta, però, di un enunciato teoretico, quanto di un cómpito realizzativo che mira al riaccendersi della Luce nell’anima dell’uomo, di là dal pensiero astratto correlato alla percezione puramente materiale della «res extensa», che illusoriamente si riflette nella la molteplicità degli oggetti, dinanzi all’unicità dell’atto di pensiero. Questa lysis postulata dall’Autore implica la realizzazione di un cómpito ascetico: quello di attualizzare mediante le discipline della concentrazione, meditazione e contemplazione pura, quella Luce intima al pensare, indi al sentire, infine al volere, che nell’esperienza contingente del mondo viene distrutta affinché sorga il mondo irreale delle forme, a cui l’uomo si lega mediante la brama. Di là dalla conoscenza sensibile, a cui l’uomo accede mediante il pensiero privo di vita, astratto, si pone la conoscenza immaginativa, in cui si penetra nel percepire il tessuto etéreo di luce che nella durata, non nel tempo cronologico fondato sull’esperienza del passato, regge i processi di vita. Ad essa segue l’esperienza inspirativa, per cui si sperimenta la dimensione-suono, cioè di vocalità pura, della Realtà, trascesa, questa, da quella intuitiva, che si attua per identità immediata, come calore, puro movimento della Luce di là dal tempo e dalla durata, che converge verso l’uomo dai confini dell’Universo come volere cosmico. La libertà, pertanto, non riguarda il volere od il sentire che, in un certo modo, investono l’uomo, bensì il solo pensiero che, proprio per la sua astrattezza, per il suo esilio dal mondo divino-spirituale, consente all’Io dell’uomo moderno quella libertà che gli era negata allorché obbediva alle possenti suggestioni che giungevano alla sua anima dal mondo spirituale.
L’uomo, pertanto, deve volere la Luce, facendola risorgere dal limite di tenebra (il barzakh dei filosofi di Persia) in cui si annienta, per consentire l’apparizione di un mondo perennemente alieno rispetto allo spirito di chi lo contempla. Questa volontà significa per l’uomo sperimentare la morte, onde realizzare le forze di vita che, durante la esistenza terrena conosce solo nei loro effetti sensibili; durante la vita, infatti, vede ciò che in realtà è tenebra, grazie alle forze di luce che in essa si estinguono. Questa morte in vita, questa esperienza della Realtà secondo il suo negativo, secondo il vuoto, che toglie alla coscienza gli appoggi sensibili, è la Iniziazione.
Questo compito ascetico, che è implicito nella teoria esposta da questa opera ha, in sostanza, il fine di sperimentare la Terra, penetrandola noeticamente, quale l’ente spirituale vivente che Essa è, di là dal limite del «misurato-pesato-diviso» proposto dalla Scienza, il cui valore positivo – negato accanitamente dagli «Spiritualisti» – risiede proprio nella contemplazione disinteressata del mondo sensibile: disinteresse che è il prodromo della vera libertà. Nell’Opus Regale che l’uomo nuovo è chiamato a compiere, lo stesso minerale – oggetto finora di una Scienza che, obiettivandolo, si limita codificarne la parvenza – si discioglie dal suo rapprendimento fisico per ridiventare calore puro, quello medesimo che l’uomo sperimenta, inverso, nel calore biologico e, direttamente come moto incorporeo animante il pensare.
Lungo la via additata da M.S., l’uomo comincia a sperimentare l’elemento di luce entro la percezione sensibile, che prima si estingueva nel dato sensibile, liberando il pensiero dal supporto fisico del cervello che lo provvedeva dell’astrattezza necessaria ad avere un’immagine fisica del mondo. Inizia così a realizzare un tipo di pensiero immaginativo, la cui sede propria è il mondo eterico, l’ambito in cui la Luce si manifesta come Vita del Mondo e «la Vita come Luce degli Uomini». Il pensiero, reintegrato alla sua natura luminosa e résosene consapevole, attua la propria libertà, questa volta, come penetrazione del suo essere vitale-eterico entro il mondo sensibile, che viene così liberato dall’incantamento materiale e ridiventa significato di Luce. Così pure, sul sentiero dell’Iniziazione, il sentire si scioglie dalla pressione delle emozioni e passioni soggettive sostanziate di brama o repugnanza e si restituisce alla sua natura di pura vocalità, di mantra, cui è propria la esperienza inspirativa. La virtù eterica della Luce promanante dal pensiero puro muove, in tal modo, incontro alla Luce che da ogni punto del Cosmo converge verso l’uomo ricollocandosi coscientemente nello scenario della sua presenza, che è il mondo.
Il tema fondamentale dell’opera, attorno a cui si ordinano i suoi dodici capitoli, è quello dell’essenza intuitiva del pensare, in cui opera il principio della Luce, che è idea. L’uomo si serve della Luce, con cui guarda il suo riflettersi nella tenebra, che gli appare come mondo oggettivo, ma non la possiede né si accorge che fuori di sé è la Luce, o Lógos, a dominare la tenebra, conferendo significato al mondo delle forme che da questa emergono. La conoscenza, quindi, è un ritrovarsi dell’uomo nel cuore della tenebra, ricongiungendosi alla Luce che su di essa domina. Come il Figlio nasce dalla Vergine, così il linguaggio – prolungamento del Verbo di qua dalla soglia umana – nasce dall’Anima del Mondo ed anche nelle sue forme minime è pur sempre una risonanza della Parola cosmica. Molto importante, a tale proposito, è la parte psicologica e cosmologica in cui si stabilisce, in base a premesse metafisiche, il rapporto fra l’uomo e l’Universo, di cui egli è la forma contratta nel corpo, e le funzioni dei suoi organi riguardo all’economia dell’Universo, che è teleologicamente ordinato rispetto a lui. Così pure viene trattata la dottrina dei quattro Eteri, del calore, della luce, del suono e della vita, forme a priori della sostanza primordiale nel farsi materia di percezione e di edificazione del mondo. I pensieri, le emozioni e le volizioni dell’uomo risuonano in tutto l’Universo a cui sono omogenei.
Pertanto l’opera resurrettiva dell’uomo, che l’A. riassume nei capitoli VII-XII, ha una funzione necessaria e catartica su tutti i piani dell’Essere e in tutte le gerarchie della realtà. La Iniziazione, quindi, cessa di essere un lìbito magico e si rivela come necessità morale dell’uomo, che, aggiungiamo noi, è il «Salvatore Salvato» di sé e dell’Universa Realtà.

Prefazione al volume La luce di Massimo Scaligero, © Edilibri 2005


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